Fa freddo. Altro che l’afa della nostra Terronia. Ma si parte lo stesso all’avventura. Stazione di Cadet, nella Metropolitana a raggi costruita nel fango vivo della Senna. Bisogna arrivare a Saint Michel, linea B.
La segnaletica non è del tutto intuitiva e le signorine delle Informazioni non sorridono manco a pagarle. Ma alla fine arriviamo e troviamo perfino l’Agenzia turistica che organizza i tour per la città. In teoria, i quattro addetti presenti parlano tre lingue: francese, inglese e spagnolo.
In teoria, appunto. Per non dire che siamo in un buco nei pressi della Senna, senza aria condizionata, e ci scappa quasi la chiamata al 118 locale per una bombola di ossigeno. Comunque facciamo le nostre cose e scappiamo via. Poche centinaia di metri e siamo a Notre Dame. L’ingresso è libero e c’è una fila che arriva a metà della piazza. Proviamo a fare gli italiani? E ci infiliamo prima: tutti zitti.
Ah, così funziona? Ne faremo tesoro. La Cattedrale è maestosa. Le sue colonne si perdono nel buio. L’Arte Gotica che la ispira ha coltivato nei secoli l’obiettivo di farne uno scrigno di segreti sacri. Il visitatore non deve avere certezze, qui dentro. La Religione di questo posto onora un Dio muto, padrone, per molti aspetti impietoso. Un Re, non un Redentore. Per questo la Luce non è di casa in questo tempio.
Fuori, in giro per botteghe. Poi a mangiare. Il locale si chiama Quasimodo, certo non si è brillato in fantasia. Si mangiano sandwich e crepes. Tuttavia, i clienti più pazzi chiedono della pasta e si vedono recapitate spaghetti precotti in bianco: se li portassero ai pazienti dell’ospedale Compagna, scoppierebbe una rivolta. Invece qui tutti gradiscono e pare che stanno mangiando caviale. Poverini.
Ah, il caffè. Due Espresso prima o poi qualcuno te li serve. Ma sono lunghi come i secoli dopo Cristo. E non aggiungiamo altro. Ci sta Versailles che ci aspetta. Ci vogliono quaranta minuti di bus per la città, la cosiddetta Ile de France. A un certo punto capitiamo ai piedi della Torre Eiffel. Poi fuori dalla cinta urbana vera e propria fino al sobborgo di Versailles. Controllo anti-terrorismo a borse e borsette e siamo nella Reggia. Anzi, il Castello, come lo definiscono i Francesi.
Uno spettacolo. Arte, sfarzo, lusso. Quanta Storia studiata sui banchi di scuola mi fa compagnia tra questi corridoi e queste sale enormi. Sarebbe vietato l’uso di telefoni, videocamere e macchine fotografiche ma nessuno rispetta la regola: l’italiano che è in me esulta. Per qualche ora una folla di plebei cerca di godere dei tesori che sono stati degli spocchiosi monarchi transalpini. E ne vale la pena.
Non si fotografano solo i monumenti. Tutti se la scattano almeno una immaginella ricordo. I Giapponesi si scatenano più degli altri. I ragazzi nipponici assumono sempre la stessa posa, ovunque si trovino. Per lo più fanno il segno della Vittoria mettendosi di lato. Oppure, stessa mise, ma pugno chiuso modello Samurai. Se li fissi rischi di scoppiare a ridere. Ma poi pensi ai nostri ragazzini che fanno la bocca a palla nelle foto e devi stare zitto e buono. Che è meglio.
Fuori dal Castello neri altissimi vendono ogni cianfrusaglia possibile, spacciandola per souvenir. È robaccia che nessuno compra, specie certe riproduzioni di Torre Eiffel di un colore nerissimo che mette ansia. Il nero sembra essere il colore dominante qui a Versailles. Quasi tutti gli autisti dei bus sono di colore o comunque maghebini. Ci sta qualche autista di etnia europea, ma per lo più è gente anziana, ed è un segnale chiaro che pure nella democratica France certi lavori li fanno solo alcuni.
Tre ultimi ricordi di giornata. Partiamo con Rue Saint André des Artists: è un budello pedonale che ha come cornici librerie antiche, locande tipiche, teatri e cinema. Un gioiello di Cultura e Umanità. Per cenare si consigliano le cozze di Leon, poco distante, nel quartiere di Saint Germain. Poi, la Metro dopo le 21: un deserto. Specie nelle stazioni lontane dal centro. Occhio alle bande giovanili in giro.
Infine, la luce. Parigi non è la Ville Lumiere a caso. Sono le 22 e ancora il cielo è chiaro, luminoso. Una piccola magia, un’altra ancora, che rende comunque splendida questa Capitale europea. Buoni sogni a tutti.
(25 luglio 2012 – facebook)