Ho visto il sole. Le sue macchie sul mare. E l’Uomo del Mondo che parlava con gli occhi. Era di sera.
Poco più in là, Schiavonea celebrava l’ennesima movida dalle parti di Piazzetta Portofino. Fiumi di birra, carezza di gelati artigianali e non, pianure incolte di irruente cellulite: il secondo capitolo dell’estate made in Covid era l’urlo di mille canzoni dall’ottimismo gratuito.
Poi, in un angolo elegante di Piazza Cannone, il piccolo miracolo. Nell’atelier della pasionaria Maria Curatolo, ecco i flash su tela dell’Artista bizantino Umberto Romano. Pittore visionario forse più che sognatore, come pure ama definirsi lui stesso, mano esperta e poetica d’un Uomo che, appunto, appartiene al Mondo e sa come osservarlo e raccontarlo.
La Personale d’Arte di Romano è un Viaggio. Sui centomila purgatori degli immigrati d’ogni dove. O nei tram che caricano i nostri pensieri quotidiani e s’incendiano in un’ansia produttiva come poche. Nelle marine a Sud della nostra Anima: sabbia dove le lacrime sono l’Amen di chi prega per uno straccio di Futuro.
Umberto Romano dipinge su tela ma anche sul lenzuolo della tradizione pittorica italiana. Il suo acrilico è domato dal colpo energico della spatola che, come una frusta, ammansisce l’ira delle fiere che sbranano lo sguardo del visitatore, quasi lanciandosi oltre la staticità bidimensionale delle Opere. La sua Umanità è sempre presentata con vigore, mai ombra ma pensiero vivo. Eccolo, come detto, il miracolo (e neppure tanto… piccolo).
Tra l’Africa delle partenze e l’America di tutti i nostri arrivi, nella Personale di Schiavonea ci sono treni e stazioni per come ognuno di noi s’attende e merita. In una cronaca viva di ciò che siamo. In un caos controllato di figure, colori e prospettive dove nessuno si perde comunque, anche se non si festeggerà un solo vincitore alla fine.
È la visione di Umberto Romano: il suo racconto con gli occhi ipnotizzati dal Cielo.
Schiavonea, (4 agosto 2021)
Spero di vedere le sue opere.