Il 2020 ai tempi del Coronavirus. Con le Tv che danno a palla le peggiori notizie. I social impazziti. La gente impazzita.
Il Sud ai tempi del Coronavirus. Con il razzismo italico di ritorno, con il nuovo astio contro i polentoni untori. Le porte chiuse per non fare tornare indietro i terroni che sfuggono il contagio nordico. E mille e più voci a regalarci verità assolute.
La Calabria ai tempi del Coronavirus. La Jole Santelli che annuncia di chiudere le scuole dal Pollino a Scilla e il Conte appulo-romano che boccia la decisione calabrese. E le sfilate di Carnevale che però non si possono fare. E i bus del Nord presi quasi d’assalto per la paura che ne scendano i nuovi Lazzari del 2020.
Lo Jonio ai tempi del Coronavirus. A uno a uno i sindaci locali danno guerra contro, appunto, chi scende. Quarantena per tutti. Ma poi c’è chi arriva e se ne frega. E va in giro a sputacchiare tosse e dubbi. Mentre chiudono gli ultimi ospedali. Ma per il Governo centrale la Sanità italiana è il meglio che ci sia. Che Dio ci aiuti.
Noi al tempo del Coronavirus. Tutti ad appassionarci alla nuova peste. E a comprare mascherine. Ad assediare supermercati. Tutti medici di improvviso. Tutti penitenti alla vigilia della fine del mondo. E se ci si mette anche una scossa di terremoto, allora c’è chi organizza una gita verso San Giovanni Rotondo. Hai visto mai.
Io al tempo del Coronavirus. Leggo i dati sull’influenza dell’anno scorso e noto che se ne è portati oltre duecento, di italiani. Mi affaccio e vedo un sole da venti gradi a fine febbraio che pare maggio. Leggo dei tanti che ancora muoiono a Taranto e anche da noi per tumori senza alcuna origine certa (o quasi). E mi sento solo.
Indifeso pure. Canotto leggero che cerca di restare a galla in questo mare di folli dalla natura selvaggia. E digitale.
(L’Italia ai tempi del Coronavirus, 25 febbraio 2020)