Da noi sono le parole taciute quelle che fanno più male. Sempre. Da sempre.
In questi giorni due giovani coriglianesi fanno i conti con questa regola terrona tutta nostra. E poco importa se uno sorrida e l’altro schiumi rabbia per ciò che vive: per entrambi è il silenzio la colonna sonora del momento.
A Gianfranco, appassionato di politica, bruciano l’auto all’ombra del castello ducale. Forse è soltanto la follia notturna di qualche balordo dopo lo scambio d’una parola di troppo. O un vecchio conto elettorale lungo un anno?
Se ne parla in cronaca e amen. C’è chi si guarda bene dall’interrogarsi sul caso, dal farsi domande. Del resto, c’è chi, pure quando dice di fare informazione, alcune notizie le tratta e altre no. Magari battezza cattiva una parte e tiene per buone solo altre. Magari coltiva simpatie e antipatie (e non va bene).
In tal senso, il nostro Gianfranco è sfortunato. Qualche mese fa subisce serie minacce a causa della sua attività politica e c’è chi non ne racconta un solo accento. Figli e figliastri, articoloni e censure preventive. Salute.
Ha meno patemi d’animo un secondo Gianfranco: è un giovane quanto affermato avvocato dello Scalo. Gli nasce il secondo figlio, un maschietto bello e vispo. Gli nasce nell’ospedale Compagna, dalle parti del rione dell’Acquedotto.
È testimone gratis et amore Dei di un parto brillante e ha parole d’elogio per il reparto coriglianese. Chiede a una Testata locale se può pubblicare una sua lettera di ringraziamento. Ma neppure No gli rispondono. Muti.
È chiaro: certe notizie non interessano ai liberi Saviani locali. A meno che non ispiri l’articoletto un sindaco, il sindaco. Neppure se è una buona notizia che rende meriti a un ospedale minacciato da porci e cani. Mistero.
Così il fuoco divora Corigliano Centro. Mentre il racket si pappa i Vasci. Mentre il Comune tartassa i residenti locali per rifarsi dei debiti dei cugini bizantini. Mentre si gioca a distruggere un ospedale per salvarne un altro. E nessuno lo sa?
Una parola è poca, due sono troppe. Sssshhhh…
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P. S.: mi dicono che sia tempo di nuove querele a chi cerca di dire la sua senza padroni e senza padrini – ma questa è un’altra storia e anche di questa i liberi Saviani non parleranno.
Parola d’ordine: silenzio. Tengo famiglia.
Mi rifiuto di credere che non ci sia speranza di cambiare
Non vedo, non sento, non parlo!!!!
Libertà di parola, di stampa!? Forse resta solo quella di pensiero (non detto). E anche quella è pericolosa.