Ricordo. Mi addormento sul divano, il balcone spalancato. La tv accesa. Si suda. La schiena duole pure per la posizione scomoda con cui lotto tutta la notte contro l’afa.
Forse sogno. Un tamburo forte, un ritmo senza note. Come un grande insetto che quasi sbatte contro quel mio balcone. Una nuvola di fumo che sa di nafta, forse sogno… ma apro gli occhi e l’elicottero volteggia pochi metri oltre casa mia.
Abito sotto la ferrovia e lì davanti ancora non hanno costruito l’Eurospin. Nella campagna sottostante ci atterrano i carabinieri con il loro elicottero. L’alba è tutto un frastuono di sgommate e di sirene. È il 21 luglio di otto anni fa e sta per finire un’epoca.
Stanno per buttare giù dalla torre la prima sindaca di Corigliano, la prima donna che ha sognato, voluto e ottenuto il trono comunale.
Santa Tecla resta impressa così, nella mia memoria. Più delle conferenze stampa, poi, a inseguire notizie ufficiali sugli eccellenti finiti in manette. Più della caccia alla conferma che “ci sta pure la famiglia Straface”. Più dei file rubati alle indagini e pubblicati sul web. Più di tutto e dei numeri stessi: dai 67 arresti agli interminabili giorni in cui qualcuno gioca con il destino politico e la vita vera e propria di Pasqualina Straface.
Settimane torride, mesi terribili. Con l’Ariella che trema. Con i piani alti della città che tremano. Con la gente comune che trema. A Roma decidono di consigliare le dimissioni alla sindaca ma a Corigliano c’è chi si dimentica questa dritta e così parte il calvario della Straface: un plebiscito per lei alle Comunali e ora mafiosa, additata come il peggiore dei mali da tutti. Compresi troppi colleghi di Destra.
Pagano alcuni, pagano in pochi. Giustizia vera? Per quel che conta il mio pensiero, già allora da cronista ho troppi dubbi che m’accompagnano mentre racconto gli eventi. Pagano gli Straface, paga la mia amica Pasqualina… perché io allora come oggi non volto il capo e, pur seguendo il caso, non rinnego l’affetto amicale per questa donna lasciata sola da troppi amici di stagione.
Pagano anche altri, qualcuno ci rimette la vita. Ed è un conto troppo alto. Troppo. “Cade il Comune” e si va alle elezioni. Addio sindaca. La Politica preferisce voltare pagina in fretta. Pure alla società civile conviene giocarsela così questa partita.
Ma la famosa Commissione d’accesso, quella chiamata a fare chiarezza sulle eventuali collusioni tra il Palazzo e le ‘ndrine locali, non descrive solo gli amministratori come i cattivi della favola. E no, dice anche che il marcio sta negli uffici comunali, che non tutto quadra nelle procedure, nel modus agendi amministrativo dell’Ente. Troppi sospetti ci lascia in eredità la Commissione di allora. Eppure… tutto passa in fretta, tutto muore in una nuova stagione di silenzi e occhi chiusi. Il conto di Santa Tecla lo pagano in pochi.
La città torna a respirare le proprie vecchie (e cattive?) abitudini.
Si digerisce in fretta l’estate 2010 e via, di corsa, verso nuove… disavventure. Fino al nuovo terremoto giudiziario di questi ultimi giorni, con i vecchi sospetti che tornano attuali e il marcio che buca la pelle del volemose bene ed esplode in faccia a chi deve convivere con i suoi frutti quotidiani.
Chi pagherà stavolta?
Corigliano, come sempre: ancora crocefissa suo malgrado dai propri figli peggiori.
(21 luglio 2018 – altrepagine)
- ripropongo questa riflessione dell’anno scorso: credo molto attuale…