Dietro l’angolo ce n’è un altro. Il nuovo che avanza va lento. Le idee sono un lusso. Il futuro è un fastidio. In Calafrica tutto tace e langue.
In politica anche di più. C’era una volta una generazione di giovani leoni. Quelli della Dc buonanima, gli altri del Garofano socialista. E poi gli emergenti del Psdi, gli altri repubblicani. Pure l’Msi ci metteva del suo. Nascevano e pascolavano nuovi leader che chiedevano spazio, consenso e potere.
I Misasi facevano incetta di assunzioni di bidelli. Cosenza si prendeva l’autostrada e la prima cellula universitaria. Mancini non era da meno sulla scacchiera bruzia: e poi i Principe, i Frasca, i Mundo: fioriva Altomonte, Cariati aveva porte aperte alla Regione. Pure alcuni paesini festeggiavano al banchetto delle poltrone eccellenti. Poi Mani Pulite: la prima finta rivoluzione.
Chi andava in pensione, chi passava il testimone a figli e nipoti. Al limite ai galoppini più fidati. Cosenza sempre sugli scudi: tra cinghiali e dependance silane. Sulle ceneri del Pentapartito fioriva il fiore berlusconiano. Cambiare, voltare pagina! La Destra s’abbuffava come il centrosinistra prima. Fino alla stagione del Vaffa.
Una primavera e anche la Calafrica si stancava. E giù su Grillo, che forse con la gente comune al potere si finisce con ‘sto schifo di sempre. Persone che incontravi al bar o al supermercato, conoscenti che avevano la stessa nausea in gola come te. Tempo due mesi a Roma, però, e manco più ti salutavano, lor signori.
Boia chi molla, noi ci crediamo ancora. Quanto meno nessuno ci levi lo sdegno che proviamo. E un’altra primavera, però quella giusta, la sogniamo sempre. Magari un giovane arriva… e in effetti qualcuno di volta in volta si propone nel ruolo. Che sia il messia da tanto atteso? Parla bene, promette tanto.
Noi non siamo come loro – dice. E si incazza con noi che i vecchi non mollano la presa. Che Cosenza è matrigna. Che le Periferie pagano sempre per tutti. Che mò le cose devono cambiare – come sanno farci ribollire il sangue nelle vene, vero? Si, eccolo: è lui finalmente. Abbiamo patito ma ora si fa la rivoluzione vera.
Salvo ritrovartelo poi in una segreteria, oppure in un ufficio regionale, all’ombra di chi conta. Magari ci ha pensato papino a trovarci la chiave giusta. O sarà il carisma del dio Euro che mille porte sa spalancare a chi sa come si fa. Insomma, punto e a capo. E manco stavolta si cambia musica: vince sempre il Gattopardo.
Terra sfortunata, ‘sta Calafrica? Può essere. Ogni zona ha i suoi prodotti Doc. Chi il pachino e chi la ‘nduja. A noi è toccata la famosa cicogna dei Principini: cambiano i tempi, mutano i cristiani, la raggia diventa onda… ma alla fine chi si presenta come il nuovo Che Guevara di turno, ambisce pure lui soltanto alle vacche di Fanfani.
E noi, a ogni nuova delusione? Giusto una bestemmia appena ci ricapita e poi muti: ché comunque tengo un progetto che deve passà al Comune.
Noi muti perché…tengo famiglia e ho bisogno.
Ormai la politica è solo ed esclusivamente affarismo. L’analisi che hai fatto, caro Emilio, è più che giusta. Personalmente alla pseudo destra berlusconiana, alle finte e inutili rivoluzioni dei giudici, posso dire oggi con molta serenità che preferisco la “prima repubblica’ con tutti i suoi difetti, ovvero la vecchia Dc , insieme a tutti quei partiti di destra e di sinistra che almeno avevano un briciolo di dignità!!!!!
Ciao Emilio, almeno tu ci fai ricordare i bei tempi giovanili dei partiti veri usciti dalla resistenza e dalla povertà onesta di quegli anni…pensa un insigne giurista come Francesco De Martino… sempre sobrio e acculturato, che non sapeva urlare alla TV e quindi prendeva pochi voti…ora sono arrivati i solisti del papete con i loro fake quotidiani da sopportare…