Il silenzio più pesante

Non ne parlano molto. Non capisci se stanno… capendo. Stanno dietro il loro solito muro di gomma. E si va avanti.

Vanno avanti. Qualcuno se ne frega di tutto e di tutti e se ne va in giro. I soliti viziati – commentiamo noi vecchi. Con gli anni si dimentica ciò che si è stati un tempo. Si scordano le fughe nei cortili, i danni di un pallone, le urla dei rospi nei canali. E si punta il dito.

Così si costruiscono altri muri. Non di gomma, ma di pietra e cemento armato: tra noi e loro. Tra noi adulti e i giovani del 2020 che vivono la pandemia dell’anno bisesto difendendosi a modo loro con un videogioco, una cuffietta o un telecomando. O una telefonata.

Non è facile per gli adulti restare nelle nuove prigioni casalinghe imposte dal virus. Le giornate non finiscono mai. Si trova la scusa di una spesa, di un cane, di una ricetta: e si fugge per strada. Deve finire – deve finire. E finirà, in effetti. Ma sarà dura e resteranno le ferite.

E loro? Questi nostri figli silenziosi, viziati (viziati?), sempre soli anche se ci stiamo vicino? A loro cosa resterà? Che ferite sta disegnando nelle loro anime il virus dell’anno bisesto? Cosa non ci dicono? Nei Tg non se lo chiede nessuno. Altri conti vanno di moda.

Altre emergenze interessano. Una guerra non ha mai rispetto dei più deboli, non si cura delle fragilità di nessuno. Così stavolta. E loro se ne stanno oltre le macerie, protetti dalla porta di una cameretta, oppure nascosti nel bagliore di un cellulare che si illumina all’ennesimo bip di una chat su internet. E si va avanti.

Prof, mi manca la scuola: pensate un po’.

D’improvviso c’è chi ha voglia di rompere il mutismo di sempre. Forse perché in due tutto passa prima. Forse perché anche un adulto ti può capire. O forse senza un motivo. Tanto un messaggio a distanza dura solo un attimo. Poi torna la musica. Netflix al limite. Il silenzio.

Finirà questa guerra senza armi. Ne parleranno, chi sa, tra mezzo secolo anche nelle scuole. Si dirà dei morti. Dell’economia in ginocchio. Della gente che cantava sui balconi. Delle mascherine. Ne usciremo e si andrà avanti. Come sempre. Noi e loro. Insieme ma divisi.

Dagli anni. Dalle rispettive fragilità. E sarà la vera malattia non curata.

(Sibaritide, 23 marzo 2020)

2 commenti su “Il silenzio più pesante”

  1. Questa è l’analisi di un maestro che vede il mondo con gli occhi di un padre. I giovani di oggi non penso che siano riusciti ad avvertire la drammaticita’ di quanto sta succedendo e non penso neanche che tutto ciò li ha resi migliori. A differenza di altre pandemie, come la peste del trecento o quella del seicento o ancora la “Spagnola” del ’18, quella del Coranavirus, cela ancora molti segreti, molte ragioni di stato. Viene innanzitutto spontaneo chiedersi, perché le più colpite sono state la Cina, ovvero la prima potenza economica del mondo e la povera Italia, che era riuscita a conquistarsi una fetta del suo mercato attraverso la cosiddetta “via della seta”. Come ha fatto un virus a propagarsi in maniera così virulenta cagionando migliaia di morti. Perché nessuno, al di fuori di Cina, Cuba e Russia ha aiutato l’Italia e cosa ha fatto l’Europa franco-tedesca se non il pianto del coccodrillo, mentre sta già pensando a come farci pagare gli interessi. In realtà dietro questa tragedia umana si nasconde un untore mosso da motivi economici. Aspettiamoci dunque un giorno la resa dei conti!!!!

  2. hai toccato il punto debole che contraddistingue il rapporto degli adulti con i giovani : noi adulti abbiamo abdicato al ruolo FI educatori e formatori.Non siamo più punto di riferimento, non riusciamo neanche più ad essere gli adulti da contestare per rendere possibile la loro emancipazione.Il risultato è la loto estrema fragilità .

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