E adesso la verità. Dopo decenni di nebbie. Qui dove invece è il regno del sole. Qui dove i gabbiani fanno l’amore con l’azzurro.
Denis Bergamini è stato ucciso. Diciamocela tutta: nessuno di noi ha mai creduto nel suicidio. La storiella del calciatore deluso, da cosa poi?, del ragazzo un po su di giri che prende la macchina un sabato e viene nell’Alto Jonio ad ammazzarsi… per carità.
Quel 18 novembre 1989, sull’asfalto di Roseto Capo Spulico, è quindi successo altro. Ed è una storia che finalmente si scriverà del tutto nelle aule dei Tribunali. Si racconterà di passioni malate, forse di connivenze velenose, con ogni probabilità di un territorio senza Stato.
La verità, quindi. Anzi: le verità. Che sono tante e tutte hanno la forza di un indice teso, accusatorio, contro l’Alto Jonio. E urlano di complicità dal sapore amaro: di indagini sbagliate, apposta?, di uomini dello Stato incapaci, apposta?, di una Periferia inquinata e inquinante.
In queste settimane tutto già viene denunciato da alcune Testate locali e nazionali. E anche il Tribunale di Castrovillari finisce sulla graticola. Con possibili chiamate a coprire tutto arrivate, pare, finanche da qualche boss della zona. Per fare un favore alla ndrangheta cosentina.
Anche su questo andrà fatta chiarezza. Ma già ora c’è poco da essere fieri: su Bergamini siamo tutti colpevoli. Lo è questo Alto Jonio che ha fatto patti col diavolo. Lo è lo Stato traditore che può aver insabbiato. Lo è la cultura omertosa di un Sud che chiude sempre gli occhi.
Qualcuno ci racconterà per filo e per segno quest’enorme vergogna. E ci renderemo conto del nostro Inferno. Forse chiederemo anche scusa, chi sa. Un brivido resterà a rincorrere mille cattivi pensieri lungo le nostre schiene. Una domanda, semplice e terribile: e se fosse toccato a noi?
E se toccasse a te?