La Poesia è Rigore e Libertà assieme. È intanto Regola ferrea: nello Stile, che deve rispondere ai gusti dei Tempi in cui si scrive; nella Metrica, che deve rispettare il numero delle sillabe e il gioco estetico-visivo dei Versi pure quando manca la Rima.
Nella Musicalità, che deve rispondere a un Suono armonico quando si legge un’opera poetica, non deve essere un comizio atono, un discorso spezzato.
È poi un Volo. Un Urlo dell’Animo. Una piccola rivoluzione personale in cui non si teme il peso delle parole. Anzi, delle Parole: con l’iniziale maiuscola. Perché in ogni epoca si inventano nuovi verbi e più moderni modelli fonetici. Ma l’Uomo è sempre lo stesso quando soffre, o ama, o sogna, o muore dentro. Ha sempre lo stesso bisogno: deve raccontarsi agli altri.
La Poesia è questo: raccontare qualcosa sapendo addomesticare le Parole. Occorre andare al Cuore di esse e saperne incanalare le corde più intime. La Poesia è l’Arte del buon uso delle Parole. E l’Arte è sì estro, talento personale, fantasia: ma è pure, a volte soprattutto, regola. L’Artista non è un vagabondo di talento: è un instancabile studioso, un uomo di Cultura, un continuo osservatore di stili altrui.
Il Poeta non è un giocoliere, un furbo manipolatore di vocali e di consonanti. Non è “uno con la passione dello Scrivere” che, siccome non fa pace con i tempi lunghi della Prosa, si “getta” sui Versi, “che tanto sono più corti e si scrivono prima”. Non basta andare a caccia di parole che facciano la loro bella figura con l’orecchio di chi ascolta, non basta mozzare le frasi andando a capo.
Il Poeta non è manco un emarginato sociale. Un mezzo matto che parla alla Luna. Lo sanno finanche i ragazzi delle Medie che le cose non stanno così. Il Poeta vola per gli Altri della sua epoca, parla per essi, ma non è un corpo estraneo rispetto a essi. Come l’Albatros di Baudelaire, Egli guarda dall’alto il Mondo ma non se ne allontana mai del tutto, a costo di subirne gli scherni più crudeli quando è al suolo.
Il Poeta è tutto questo. È un Pittore e un Musicista insieme. “Ut pictura poesis”, era ed è l’insegnamento di Orazio. Omero declamava le gesta di Achille nell’eco di una lira, cantando. Virgilio amava i Versi classici sotto le vergate del suo aio, che pure non rinnegò mai come insostituibile maestro di Vita. Da Dante in poi si parla di “Scuole letterarie” quando si analizzano Autori e Stili coevi.
Non basta mettere assieme due righi spezzati e quattro parole “difficili” per annunciare un capolavoro. La Poesia è un’altra cosa. Non è certo la scena grottesca che va in replica da noi quando taluni organizzano improbabili soirée poetiche. Non sono le comiche letture dei versi posticci spacciati per Lirica: manco più in chiesa sono così patetici quando leggono il Vangelo prima dell’ostia.
Da noi questo tipo di farsa va in replica con una costante che ha stufato. Quattro professionisti sfigati si prendono la patente ora di sociologi, ora di pedagoghi, sempre – appunto – di “poeti”. E una mandria di adepti dei rispettivi salotti-marci fa da codazzo, nascondendo dietro un sorriso ebete quanto falso il legittimo sbadiglio per la noia che assale e abbatte finanche le sedie della platea.
Ecco il “poeta” che ondeggia col microfono in mano, balbetta due parole, assume quell’aria bastonata da “sono un esistenzialista, io”. Lui, il “Leopardi de noantri”, ha l’Universo come nemico. Lui, il “Catullo della porta accanto”, combatte le ingiustizie del Mondo. Dimentica di aver leccato il culo per rubare uno stipendio da qualche parte. Dimentica che raccatta molliche in qualche loggia di paese.
No. Il Poeta è un’altra cosa. È un maledetto che ti fa innamorare proprio perché lui, che deve rispettare le Regole della sua Arte, ha la forza di fregarsene delle regole della Società di cui racconta l’Anima. Non ha salotti di riferimento. E quasi mai i suoi Versi raccontano quelle assurdità annunciate dai sedicenti critici o dagli altri “poeti di paese” che affollano i convegni “culturali” prima di strafocarsi nelle cene.
La Poesia è altro. È rabbia e fame. È silenzio quando gli altri dicono troppo. È Vita, maledetta e forte. Non ci sono trombe ad annunciarle. Cammina sola. Ma la riconosci subito, come subito riconosci ciò che non lo è. A volte si nasconde in un foglio. Altre volte la scorgi su internet o la senti, forte, in una canzone. Eccola, è Lei.
“Vanno a due a due i Poeti, traversano le nostre stagioni, e passano Poeti brutti e Poeti buoni. Ma quando fra tanti Poeti ne trovi uno vero, è come partire lontano, come viaggiare davvero”. Lo ha cantato il Poeta contemporaneo Francesco De Gregori in Poeti per l’Estate. Non ci vogliono scienziati per capirlo.
(17 giugno 2012 – facebook)