Parigi non è più una città. È uno stadio. Ma non si paga il biglietto. E non è di scena il Dio Pallone. Arriva la Maglia Gialla del ciclismo e, per la prima volta nella storia, è un britannico.
Per questo la Capitale transalpina si colora di rosso e di blu. E già alla fermata della Concorde, per i passeggeri della Metro è un duello di gomitate per guadagnare un po’ di spazio alle transenne rubandolo a «les Anglais».
Chi ama il ciclismo sa bene che questo è lo sport più vicino alla gente che ci sia. Qui le star e i gregari gareggiano a mezzo metro dagli spettatori. Ci sono applausi per tutti e anche l’ultimo è comunque un beniamino del pubblico. Al Tour, e qui a Parigi, tutto questo è almeno quintuplicato. Ecco il Ciclismo, con la iniziale maiuscola. Con il suo circo commerciale e umano. Non c’è Giro né Vuelta che tenga.
All’ombra dell’Arco di Trionfo ci sta il mondo. I Britannici la fanno da padroni. Ma non mancano gli Australiani reduci dalla vittoria del 2011. E poi Tedeschi, Croati, Belgi. Gli immancabili Americani. Un po’ d’Italia, ma nulla di eccezionale. Peccato, perché c’è il terzo posto di Vincenzo Nibali da festeggiare. E invece, nel mare giallo di berrettini e bandiere d’ogni nazione, il Tricolore è latitante del tutto. Finanche nelle tante bancarelle presenti non trovi nulla di italico. Pazienza.
La festa comincia. Non è sport, è altro e di più. Prima gli applausi ai cicloamatori, poi i ragazzini in gara, quindi la carovana pubblicitaria con i suoi colori che rapiscono i bambini in braccio ai genitori. Ore 16, la bolgia. Arrivano i ciclisti per il loro circuito cittadino ed è un lampo di acciaio e carne che fa esplodere la gioia popolare. Chi vince, chi perde? E chi se ne frega? È il Tour questo, il Tour!
Comunque, la gloria arride proprio alla Gran Bretagnache si porta a casa tappa e classifica finale. Podio e saluti, al 2013. Tutto finito? Macché. Nessuno lascia il suo posto alle transenne perché parte il carosello finale, con i superstiti della corsa che in bici fanno l’ultimo giro, quello d’onore, lentissimo. E giù ancora applausi per tutti. Finisce qui. Si comincia a liberare gli Champs Elysees. E chi se la scorda più una esperienza del genere?
Fame da lupi. Oltre lo Store del Paris Saint-Germain – che dà il Benvenuto a Ibraimovic, Motta, Lavezzi e Verratti: che rabbia – ecco la rinomata Pizzeria Pino. Una gentile signorina italiana ci accoglie e ci consiglia la più panoramica sala al secondo piano. La festa del Tourè andata avanti sino a quasi le 20. I tifosi sfollano, gli operai dell’organizzazione smontano le transenne, i ristoratori continuano a fare affari e noi mastichiamo mozzarella e malinconia, perché il viaggio corre verso il suo epilogo. Panta Rei.
(27 luglio 2012 – facebook)